Gianni PAVAN*: la bioacustica al servizio della biodiversità

*Dipartimento di Scienza della Terra e dell’Ambiente. Università degli Studi di Pavia
* Direttore del Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali
*Direttore della Banca Dati Spiaggiamenti

 

 

Gianni PAVAN

Da sempre ti occupi di bioacustica e vorrei chiederti come hai iniziato.
Ho iniziato negli anni ’80, al primo anno di Scienze Naturali, per cercare di coniugare la mia passione per la musica, l’elettronica e la registrazione sonora con la natura, altra mia grande passione. Al tempo la bioacustica era praticamente sconosciuta in Italia, i riferimenti erano soprattutto francesi, inglesi e americani. Gli strumenti erano assolutamente analogici e l’audio digitale era agli albori. La mia tesi di Laurea, vista con sospetto da molti, è stata “Analisi con calcolatore del canto degli uccelli”. In questo sono stato un precursore di quella che ora è la “computational bioacoustics”.

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In questi anni la bioacustica è cambiata in relazione alle tematiche ambientali e di conservazione della biodiversità ?
I cambiamenti sono stati molti, tecnologici, scientifici e applicativi. Ora la bioacustica è una disciplina molto importante e in costante sviluppo grazie anche a uno sviluppo tecnologico, soprattutto dell’audio digitale, che consente ricerche impensabili solo dieci anni fa. E anche la bioacustica si è evoluta e diversificata: è nata la “computational bioacoustics” che studia i metodi di analisi numerica per descrivere, analizzare, comparare e, ancora con molti limiti, per riconoscere i suoni, e poi, dal connubio fra bioacustica ed ecologia è nata l’ecoacustica, che studia i rapporti fra i suoni emessi e ricevuti dalle varie specie in relazione all’ambiente acustico, anche considerando l’interferenza del rumore prodotto dalle attività umane.

Bioacustica ed ecoacustica sono ora strumenti anche di studio e di monitoraggio della biodiversità.

L’ecoacustica riprende e ricolloca su binari strettamente scientifici il “paesaggio sonoro” inteso come espressione della qualità ambientale. In questo si riprende quanto concepito da Rachel Carson negli anni ’60 con il suo libro “primavere silenziose”, quando preoccupata dagli effetti invasivi della chimica nell’agricoltura industriale preconizzava appunto primavere silenziose senza più i suoni e i canti di insetti, anfibi e uccelli uccisi dall’inquinamento. Purtroppo proprio in questi anni osserviamo una drammatica diminuzione di tutti questi organismi.

Il paesaggio sonoro sta tornando di moda, ma spesso è un concetto che crea perplessità ….
In effetti il tema del paesaggio sonoro è ancora controverso, nato negli anni ’70 si è sviluppato su temi antropologici e psicologici discutibili nei quali si sono spesso inseriti i temi della musica new age. Questo tema ha quindi sofferto di una certa diffidenza da parte del mondo accademico.

Ora gli studi delineati dall’ecoacustica sono orientati a considerare il paesaggio sonoro come espressione della ricchezza e della diversità di un ecosistema. E con gli strumenti attuali possiamo registrare il paesaggio sonoro per lunghi periodi, settimane, mesi, anche anni, per cercare di riconoscere precocemente i cambiamenti indotti dalle azioni dell’uomo sia a livello locale sia a livello globale, come ad esempio in conseguenza dei cambiamenti climatici.

Ora il paesaggio sonoro (inteso come percezione di un ascoltatore) e l’ambiente acustico (come descrivibile a prescindere dalle capacitò percettive di un ascoltatore) sono riconosciuti come una componente fondamentale di un ecosistema, che deve essere studiata, monitorata, tutelata, e anche ripristinata laddove alterata dall’azione dell’uomo.

Il rumore prodotto dalle attività umane che impatto ha sull’uomo e sull’ambiente ?
Sappiamo molto bene che il rumore ha un impatto negativo sulla salute umana e la riscoperta del silenzio, della tranquillità e dei paesaggi sonori naturali sono indicazione di un desiderio di una migliore qualità di vita. La Comunità Europea riconosce il danno provocato dal rumore, prevalentemente dovuto ai sistemi di trasporto (EEA 2014), e il valore delle aree a basso rumore definite “Quiet Areas” meritevoli di attenzione e di tutela (EEA 2016). Anche l’OMS ha lanciato recentemente un allarme riguardo l’impatto del rumore e questo tema sta diventando sempre più importante anche per gli effetti sull’ambiente naturale. La preoccupazione per l’impatto del rumore sugli animali è nata negli anni ‘70 per lo più in ambiente marino, ma solo negli ultimi decenni si sono potuti riconoscere e dimostrare, soprattutto sui mammiferi marini, gli effetti di sonar navali, esercitazioni navali e prospezioni geosismiche con airgun.

Ora si ha la consapevolezza che il rumore ha un impatto significativo su tutti gli animali, sia terrestri che marini, ma certamente bisogna considerare che la propagazione del suono e del rumore è decisamente maggiore in acqua e quindi le “dimensioni” del problema sono molto differenti.

Quali sono i tuoi progetti attuali più importanti ?
Ho iniziato in modo strettamente bioacustico con i canti degli uccelli, poi ho lavorato con i suoni dei pesci, ho dedicato molti anni all’ambiente marino per studiare i suoni dei cetacei, e ora mi sto dedicando più all’ecoacustica e allo sviluppo di strumenti e metodi software di registrazione e analisi. Dal 2014 collaboro con i Carabineri Forestali (prima Corpo Forestale dello Stato) soprattutto nelle Foreste Casentinesi. Dal 2014 studiamo il paesaggio sonoro della Riserva Naturale Integrale di Sassofratino, la prima RNI creata in Italia nel 1959 che ha poi dato a una importante rete di riserve naturali di vario grado. Sassofratino è un posto magico, accessibile solo per motivi scientifici con l’autorizzazione dei Carabinieri Forestali, dove si scopre la realtà di un ecosistema che si sviluppa nella sua straordinaria ricchezza, complessità e biodiversità senza le alterazioni indotte dall’uomo. Un luogo straordinario, lontano da strade o attività rumorose, dove si percepisce un silenzio “profondo” dal quale emergono i suoni e rumori della natura.

Come è nato il Centro di Bioacustica e cosa insegni all’Università di Pavia ?
l Centro di Bioacustica, che ora si chiama Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente, è nato nel 1989 soprattutto sull’onda delle nascenti e pionieristiche ricerche sui mammiferi marini. Vi ho lavorato come tecnico a contratto per alcuni anni, dal 1994 al 2005 ho insegnato Ecologia allo IUAV di Venezia come Ricercatore mantenendo comunque la collaborazione con Pavia. Dal 2006 sono a Pavia, mantengo in funzione il Centro e tengo il corso di Bioacustica per le lauree magistrali di Scienze della Natura e di Biologia Sperimentale e Applicata, un corso da 6CFU che attira molti studenti anche dall’esterno dell’Università. Ma insegno anche in un modulo del corso di Ecologia convinto che la comprensione e la tutela dell’ambiente naturale siano ora la nostra massima priorità.

Dal 2006 gestisco su mandato del Ministero dell’Ambiente e con la fondamentale collaborazione di Michela Podestà del Museo Civico di Storia Naturale di Milano anche la Banca Dati Nazionale sugli Spiaggiamenti dei Cetacei, liberamente consultabile alla pagina web http://mammiferimarini.unipv.it

Per altre informazioni sulle attività del Centro ci sono le pagine web http://www.unipv.it/cibra

Ti ringrazio, avremo modo di tornare su questi temi e approfondirli

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