Studiare la territorialità del licaone africano per garantire una gestione efficace dei conflitti con l’uomo

di Whitney HANSEN*

* Dottoranda di ricerca (PhD student)
Dipartimento di Scienze Ambientali

Università della California Santa Cruz
Stati Uniti d’America

Il Licaone Lycaon pictus, detto anche cane selvatico africano, è il carnivoro più minacciato nell’Africa meridionale (1), e una delle principali cause del suo declino è il conflitto con gli allevatori di bestiame e le loro proprietà (2). È oramai inderogabile la messa a punto di una soluzione innovativa per una gestione efficace delle popolazioni di Licaoni, in particolare nel Delta dell’Okavango, che costituisce la regione più importante per l’areale di questa specie e nel quale è presente una cruciale popolazione “sorgente” (2). Il mio progetto di ricerca sfrutta i meccanismi della territorialità del branco di licaoni per mitigare i conflitti con gli esseri umani in Botswana. In particolare, uno degli scopi principali è quello di testare l’efficacia dell’utilizzo di odori di marcatura strategicamente posizionati per dissuadere i branchi dallo stabilirsi vicino agli insediamenti umani e al bestiame. Un metodo di gestione validato e collaudato sperimentalmente, che venga applicato in collaborazione con la comunità locale, è indispensabile per la conservazione del Licaone in questa regione, e per la sopravvivenza della specie nel suo complesso.

 

Foto di Whitney Hansen

 

Lo stato di conservazione

Il licaone è una specie in via di estinzione sin dal primo elenco IUCN nel 1997, e le popolazioni di questa specie sono in netto decremento numerico (2). Attualmente è il carnivoro più a rischio nell’ Africa meridionale, e la sua più grande minaccia è il conflitto con gli esseri umani (1, 2). La popolazione umana è in forte aumento in tutta l’Africa, così come sono in crescita i parametri di sviluppo economico. L’obiettivo principale dei biologi della conservazione è stato finora quello di garantire una adeguata copertura territoriale per le aree protette, dedicando estensioni significative alla conservazione della fauna selvatica, ma questa strategia da sola non potrà essere sufficiente nel prossimo futuro. I licaoni infatti sono sensibili all’ “effetto margine”, che causa la scomparsa delle popolazioni situate ai confini dei parchi naturali. I territori dei licaoni sono così grandi che molto spesso le aree protette non sono abbastanza vaste da contenere i territori di più di un branco (3). Al momento attuale la popolazione totale di licaoni nell’intero continente africano è stimata in meno di 6.000 individui, e dato che il Delta dell’Okavango rappresenta la porzione di areale più importante, esso ospita una popolazione “sorgente” cruciale per le dinamiche demografiche dell’intera specie (2, 4). Ai margini delle aree protette nel Delta dell’Okavango ci sono comunità pastorali, e di conseguenza gli eventi di predazione del bestiame (da parte di qualsiasi predatore) spesso portano al bracconaggio di ritorsione, che costituisce una minaccia per tutte le specie di carnivori della regione (1, 5).

La IUCN elenca specificamente la frammentazione dell’habitat e il conflitto con l’allevamento di bestiame come le due principali cause di declino delle popolazioni di licaone (2). Il conflitto deriva da molteplici attività umane, ma i comportamenti negativi nei confronti di questi predatori (in primo luogo l’uccisione) sono aggravati dalla paura degli eventi di predazione del bestiame (5). Per di più, la frammentazione dell’habitat sta aumentando ulteriormente l’esposizione del licaone agli insediamenti umani e agli allevamenti (5). Nel caso in cui il governo del Botswana non mettesse in atto una gestione efficace per evitare e mitigare i danni causati al bestiame dalla fauna selvatica, i licaoni non potranno raggiungere una coesistenza pacifica con le comunità locali intorno al delta dell’Okavango, e quindi la stabilità della popolazione di licaone sarebbe in serio rischio (6). A ciò va aggiunto che il licaone è una specie altamente gregaria ed è perciò facile bersaglio di azioni di bracconaggio, che possono risultare nell’eliminazione di un intero branco in una sola volta (6 ) .

Una situazione ideale per la convivenza tra predatori e umani implicherebbe uno scenario in cui le popolazioni di predatori possano rimanere stabili (se non crescere) e al contempo la sussistenza delle comunità locali non venga messa a repentaglio dalle predazioni. Le modalità con cui raggiungere questo stato ottimale possono essere esplorate attraverso il paradigma scientifico dell’ecologia di comunità, tramite il quale vengono considerati i movimenti e i comportamenti sia degli esseri umani che dei predatori, e si esaminano le interazioni che sono il risultato di tali movimenti e comportamenti. Di particolare interesse in questo contesto sono i comportamenti compensativi di entrambe le specie (7). Il controllo letale tramite uccisione è un tentativo di gestire questi predatori, tuttavia l’abbattimento indiscriminato di questa e di altre specie di carnivori si è dimostrato inefficace nel ridurre il rischio di predazione del bestiame domestico (8) (vedasi (1) per il comportamento degli allevatori in Botswana). Nel Delta dell’Okavango l’uccisione dei predatori è inoltre in contrasto diretto con gli obiettivi di conservazione e con le attività economiche di eco-turismo di cui beneficiano altri gruppi umani nella regione. Lo scopo del mio progetto è esplorare un metodo di gestione non letale che, incorporando una comprensione comportamentale ed ecologica di come questi predatori usano l’ambiente circostante, potrebbe non solo essere più efficace del controllo letale, ma anche promuovere la coesistenza a lungo termine.

Foto di Whitney Hansen

Il progetto di ricerca

Il nostro studio del comportamento dei branchi di licaoni si sta focalizzando sulla percezione degli odori di marcatura e di come questi influenzino l’uso dello spazio da parte dei membri del branco. L’importanza biologica dell’urina nella territorialità e nel movimento dei carnivori è stata esplorata in numerosi studi: in particolare nelle specie di canidi sociali come lupi e coyote, l’urina di branchi adiacenti ha dimostrato di essere un fattore chiave nella previsione dell’uso dello spazio del branco (9 – 13). Incorporando una comprensione biologicamente solida del movimento dei predatori, questo progetto cerca non solo di espandere la creatività degli scienziati nello sviluppo di nuovi strumenti di deterrenza non letali dei predatori, ma anche di promuovere l’uso di metodi di gestione efficaci e verificati sperimentalmente da parte delle comunità locali. A livello globale, molti metodi sono stati impiegati per limitare gli eventi di predazione del bestiame domestico da parte dei carnivori selvatici e, nonostante diverse istituzioni abbiano spinto gli allevatori ad utilizzarli, pochi di questi sono stati verificati sperimentalmente o si sono dimostrati efficaci (8). Testare un metodo di deterrenza per i licaoni è quindi vitale per aiutare le comunità locali a dissuadere i branchi dal cacciare nei pressi degli insediamenti umani ed evitare che si focalizzino sugli animali d’allevamento. Si tratta di un’operazione ancor più importante, se si considera che la cooperazione e la collaborazione delle comunità locali è cruciale per il raggiungimento degli obiettivi di conservazione della specie.

Lo scopo principale del mio progetto è valutare l’uso degli odori di marcatura (urina di licaone) come metodo per gestire i conflitti uomo-carnivoro. Una parte importante di questo progetto è costituita da una procedura sperimentale che misurerà le risposte in termini di movimento dei branchi di licaoni nei confronti dell’urina di conspecifici posizionata sperimentalmente. L’esperimento sarà condotto con lo scopo esplicito di misurare comportamenti dissuasivi e alterazioni nell’uso dello spazio da parte dei branchi di licaoni. I risultati sperimentali (l’effetto misurato dell’urina sul movimento) saranno incorporati in un modello predittivo dell’uso dello spazio nei licaoni, che potrà essere poi utilizzato per creare un piano operativo di posizionamento delle urine attorno agli insediamenti umani per la deterrenza dei licaoni.

Questo lavoro di ricerca rientra nell’ambito concettuale di un progetto più ampio che il Botswana Predator Conservation Trust (BPCT) chiama Progetto BioBoundary. Una pubblicazione della stazione di ricerca BPCT ha dimostrato che il posizionamento di urina di conspecifici è stata più efficace a scoraggiare i licaoni rispetto ad una recinzione e i ricercatori del Trust hanno continuato a studiare gli effetti di diversi tipi di urina sul comportamento di questi animali e hanno iniziato a valutare la possibilità di replicare l’urina con una sostanza di sintesi ( 14 – 17 ).

I licaoni compiono dei movimenti stagionalmente prevedibili nel Delta. A differenza della maggior parte dell’anno in cui attraversano vasti territori spostandosi in continuazione, durante la stagione riproduttiva un branco seleziona un luogo dove vengono ricavate tane per partorire ed allevare i cuccioli. Stabilendosi in un singolo sito per un periodo prolungato, il branco è costretto ad effettuare ripetute battute di caccia in una singola area. I branchi che scelgono come sito riproduttivo un’area vicino agli insediamenti umani possono costituire una minaccia per le mandrie di bestiame delle comunità locali e, a loro volta, sono minacciati dalla capacità degli umani di localizzare e danneggiare più facilmente un intero branco ( 5 , 18 ). Al fine di determinare in che modo gli odori di marcatura possano influenzare la scelta del sito riproduttivo, che rappresenta un momento delicato dell’anno per la sopravvivenza della specie, stiamo cercando di capire quanto fortemente i branchi di licaone cerchino di evitare i territori già occupati da altri branchi. Questo comportamento di evitazione degli altri branchi, plasmato dall’evoluzione, è un tratto comportamentale peculiare dei licaoni, che può essere manipolato attraverso odori di marcatura posizionati ad hoc dagli scienziati ( 19 ). Pertanto, stiamo attualmente posizionando l’urina vicino ai territori noti di branchi di licaoni e misurando i cambiamenti nei loro comportamenti, tassi di movimento e densità dell’uso dello spazio, a diverse scale temporali, grazie all’utilizzo di collari GPS.

Una volta raccolti dati a sufficienza, saremo in grado di generare un modello di movimento territoriale, e saremo quindi in grado di determinare dove sia necessario posizionare l’urina per massimizzare i comportamenti di evitazione di un branco. In questo modo avremo a disposizione uno strumento potente per ridurre la minaccia della presenza dei carnivori nei pressi degli insediamenti umani.

Un esperimento completo con dimensioni del campione adeguate, con controlli e replicazioni sufficienti migliorerà la nostra comprensione dell’impatto degli odori di marcatura sulla selezione del territorio e sul movimento dei licaoni. Le implicazioni di questo progetto si estenderanno però ben oltre questa particolare specie: l’obiettivo finale è quello di esplorare le potenzialità di una comprensione dettagliata e quantitativa della territorialità di un carnivoro nella manipolazione dei suoi comportamenti, per mitigare i conflitti fra uomo e fauna selvatica. I carnivori continuano a sollevare sia aspre reazioni negative sia reazioni fortemente positive in gruppi diversi delle comunità locali, e ciò è particolarmente vero nel caso del Delta dell’Okavango ( 20 ). Trovare soluzioni innovative per la convivenza con i carnivori è fondamentale per la loro sopravvivenza a lungo termine, in particolare escogitando soluzioni che siano supportate dalla sperimentazione e che abbiano il supporto della comunità locale ( 21 , 22 ) .

Mi immagino questo progetto come l’inizio di un lungo sforzo di coinvolgimento dei membri della comunità locale nel monitoraggio e nella gestione dei carnivori. La gestione del governo nella regione è stata sinora tradizionalmente limitata a rimborsare le perdite di bestiame, spesso a un valore inferiore al valore di mercato, il che ha fatto ben poco per motivare cambiamenti nel comportamento umano nei confronti dei predatori ( 1 ). L’aumento della rappresentanza locale e il coinvolgimento nel processo sperimentale e nella diffusione del protocollo risultante possono incoraggiare cambiamenti nel comportamento più di quanto non faccia un regime di sovvenzioni inefficiente. La storia di collaborazione tra BPCT, le comunità circostanti, e i ricercatori, forniscono le basi per questo progetto, e per la sua evoluzione in un’iniziativa di cooperazione per un innovativo, non letale, metodo di gestione di un predatore a rischio di estinzione.

Bibliografia

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20.      K. U. Karanth, R. Chellam, Carnivore conservation at the crossroads. Oryx. 43, 1 (2009).

21.      N. H. Carter, J. D. C. Linnell, Co-Adaptation Is Key to Coexisting with Large Carnivores. Trends Ecol. Evol. 31, 575–578 (2016).

22.      L. M. van Eeden et al., Carnivore conservation needs evidence-based livestock protection. PLoS Biol. 16, e2005577 (2018).

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