Primi dati sul lupo (Canis lupus, Linnaeus 1758) nella gronda lagunare della città metropolitana di Venezia (Regione Veneto, Italia nord-orientale)

Sofia Margarit, via Baseleghe 4, I – 30028 Bibione (VE-Italy) wildlifeconservationrangers@gmail.com
Giosuè Cuccurullo, via Baseleghe 4, I – 30028 Bibione (VE-Italy) wildlifeconservationrangers@gmail.com
Katiuscia Battiston, via Interna 47, I – 30075 Morsano al Tagliamento Pordenone (Italy) katiuscia.battiston@gmail.com
Luca Lapini, Via dei monti 21, I – 33034 Fagagna Udine (Italy) lucalapini1@gmail.com

Riassunto breve: dopo una breve sintesi delle attuali conoscenze sulla diffusione recente del lupo
Canis lupus nella Regione Veneto, gli AA riferiscono alcune osservazioni sulla presenza della
specie lungo la gronda lagunare della Città metropolitana di Venezia (bassure umide peri-
adriatiche dell’Italia nord-orientale). A giudicare dai dati finora disponibili nell’area indagata
sembrano essere contemporaneamente presenti almeno due animali, che catturano Cetartiodattili
selvatici (Capreolus capreolus).
Parole chiave: lupo, Canis lupus, gronda lagunare, Città metropolitana di Venezia, Italia nord-
orientale

Abstract: after a short synthesis of the present knowledge about the distribution of the grey wolf
Canis lupus in Veneto Region, the AA refer some observation on the species recorded along the
lagunar eave of the Metropolitan city of Venice (Wet Adriatic lowlands of north-eastern Italy). From
these first records in the study area at least two wolves seem to be present, hunting wild
Cetardiodactyla (Caprelus capreolus).
Key words: grey wolf, Canis lupus, lagunar eaves, Metropolitan city of Venice, north-eastern Italy

Introduzione

Il recente recupero delle popolazioni di lupo italiane è un successo recente delle politiche di
conservazione della natura, visto che nel 1971 nel nostro paese sopravvivevano soltanto poche
decine di animali spinti sull’orlo dell’estinzione da leggende, storici pregiudizi e dalla accezione
giuridico-venatoria di nocivo da eliminare con ogni mezzo. In questo periodo i lupi superstiti erano
distribuiti in piccoli nuclei disgiunti di Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Calabria; probabilmente
poco più di un centinaio animali (Boitani et al., 2003) che in molti casi si comportavano da spazzini
(scavenger) nutrendosi di rifiuti raccolti nei letamai e nelle discariche a cielo aperto rurali e
suburbane (Boscagli, 1985).

Da allora le cose sono cambiate. Il boom economico degli anni ’60 ha spostato il baricentro
dell’economia italiana dalle campagne alle grandi città, portando all’abbandono di molte attività
agricole e silvo-pastorali tradizionali di collina e montagna. Gli spazi rurali abbandonati nel corso di
questa faticosa transizione economica e sociale sono stati gradualmente ricolonizzati dalla
vegetazione suffruticosa, arbustiva e arborea in una rapida successione para-naturale secondaria,
che in circa trent’anni ha portato ad una imponente espansione del bosco sia sulle Alpi, sia sugli
Appennini, qua e là favorita da diversi interventi di riforestazione.

La ripresa del lupo in Italia è stato un processo lento e graduale, che si deve da un lato al descritto
mutamento delle condizioni socio-economiche e culturali del popolo italiano, dall’altro ad una serie
di leggi e decreti nazionali appositamente mirati (Decreto Ministeriale Natali del 1971, Decreto
Ministeriale Marcora del 1976, Legge Nazionale 157/92, Decreto Presidenziale 357/97),
sovrapposti e intrecciati a varie Convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito (Convenzione di
Washington del 1973, Convenzione di Berna del 1979, Direttiva Habitat 92/43 CEE), ad iniziative
di public awareness mirate a migliorare la pubblica percezione del lupo (Operazione San
Francesco del WWF Italia, 1974), sostenute dall’intensa attività editoriale di alcune riviste patinate
di divulgazione naturalistica nate fra gli anni ‘70 e ’80 del XX secolo.

L’aumentata sensibilità ambientale ha contemporaneamente consentito numerosi interventi di
riqualificazione faunistica con decisi miglioramenti della gestione delle risorse cinegetiche, che
negli anni ‘70 e ’80 del XX secolo hanno permesso il ritorno di ungulati selvatici anche dove erano
stati eliminati da secolari eccessi di prelievo (Perco, 1988).
Nonostante le migliori condizioni socioeconomiche ed ecologiche per la presenza del lupo siano
state ripristinate grazie a questa fortunata combinazione di eventi e misure conservazionistiche,
soltanto negli anni ’90 del XX secolo è iniziato il naturale recupero della specie sulle Alpi
occidentali, dove si sono insediati i primi branchi transfrontalieri di lupi italo-francesi nel 1996-1997.
Il bracconaggio su questi animali è proseguito, ma l’incremento delle loro popolazioni alpine è stato
piuttosto buono in tutti i vent’anni successivi.

Secondo la relazione tecnica sulla distribuzione e consistenza del lupo in Italia eseguita da ISPRA
(Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) nel 2020-2021, la stima più robusta della
popolazione italiana risultava pari a 3.307 individui (La Morgia et al., 2022). L’abbondanza di lupi
nelle regioni alpine italiane (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia,
Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria), durante l’inverno 2020-2021, è stata al tempo stimata in 946
individui (confidenza statistica del 95%). Di questi, 266 appartenevano alla porzione centro-
orientale della popolazione di Canis lupus del settentrione d’Italia (Marucco et al., 2022).

Per quanto i numeri complessivi dei lupi in Italia siano nel frattempo sicuramente aumentati, la loro
sopravvivenza futura è garantita soltanto dalla griglia di protezione internazionale di cui si è più
sopra riferito, che continua ad essere necessaria a sostenere la loro conservazione sia nel nostro
paese sia nel resto d’Europa.

Lo stato di conservazione del grande canide in molti paesi europei, infatti, non è ancora ovunque
favorevole. Nonostante ciò, la quarantaquattresima riunione della Standing Committee della
Convenzione di Berna -strumento giuridico che regola la protezione della Natura nei paesi
dell’Unione Europea e in altre 49 nazioni- si è recentemente espressa in favore del declassamento
dello stato di protezione della specie. Ciò comporta lo spostamento di Canis lupus dalla categoria
II (fino al 3 dicembre 2024 era considerato “specie strettamente protetta”) alla classe di protezione
III (dal 6 dicembre 2024 è stato declassato a “specie protetta”). Se non contrastata dal parere
contrario di almeno un terzo dei paesi aderenti alla Convenzione di Berna, la proposta diverrà
operativa il 7 marzo 2025. Il declassamento indicato avrà pesanti conseguenze: da entità
rigidamente tutelata, il lupo diverrà specie “sfruttabile” anche attraverso diverse forme di controllo
venatorio (Randi, 2024). Ciò sarà comunque possibile soltanto modificando la Direttiva Habitat
92/43 CEE, fatto che aprirà la strada a variazioni nelle norme di protezione previste da molti
strumenti legislativi nazionali, fra i quali la Legge Nazionale italiana LN 157/92. Completato questo
lungo iter di modifiche giuridiche, legislative e normative, sarà consentito alle Regioni emettere
ordinanze locali di gestione venatoria della specie ove la sua presenza fosse divenuta anche
moderatamente conflittuale, con procedure autorizzative molto più semplici di quanto sia concesso
dall’attuale ordinamento normativo. Ciò non sembra per nulla auspicabile e viene da più parti
percepito come un anacronistico ritorno al passato (Randi, 2024).

Per quanto la storia pregressa del lupo nella pianura veneta sia ancor oggi ricordata da numerosi
toponimi -anche nei pressi della località Terzo Bacino (S. Michele al Tagliamento, VE) c’è un corso
d’acqua chiamato Canal dei lovi-, l’ultimo lupo della popolazione originaria veneta fu abbattuto nel
1929 (Fossa, 1988; Bon, 2017). Il suo ritorno è recente, dovuto all’incontro tra una femmina italica
di provenienza Svizzera e un maschio di provenienza slovena che fra 2012 e 2013 si sono
riprodotti sui monti Lessini in Provincia di Verona (Bon, 2017). Gran parte degli animali attualmente
presenti nella Regione Veneto ha questa origine, per una consistenza attualmente stimata in circa
16 branchi, più varie coppie e giovani in dispersione, distribuiti sia sui rilievi, sia in alcune zone di
pianura del Polesine (Bon et al., 2024) (fig. 1). In molte zone della Bassa Padana i lupi
mantengono le loro abitudini predatorie catturando soprattutto ungulati, ma forniscono vari servizi
ecosistemici nutrendosi anche di rifiuti agroalimentari, roditori e nutrie (fig. 2).

Le pianure venete sembrano tuttavia essere saltuariamente frequentate soprattutto da giovani
esemplari in dispersione (vagrants), che hanno più volte raggiunto le bassure trevigiane, veronesi
e padovane (Avanzinelli et al, 2024; Wolf Alpine Group, 2024: fig. 1).
Scopo di queste righe è fornire informazioni preliminari su alcune di queste presenze, per la prima
volta riferite alla gronda lagunare della Città metropolitana di Venezia.

L’area di ricerca

Gran parte delle osservazioni di cui si riferisce è stata raccolta nel territorio politico amministrativo
gestito dal Comune di San Michele al Tagliamento (Venezia).
Si tratta per lo più di agroecosistemi derivati da un intenso utilizzo cerealicolo del territorio,
alternato ad altre coltivazioni, modeste siepi alberate, boscaglie golenali, canali e zone umide
secondarie irregolarmente alternate a biotopi e aree umide di grande interesse naturalistico e
turistico.

Fra di esse la Val Grande è certamente la più notevole. Situata nella parte settentrionale della
penisola di Bibione, confina con il canale della Litoranea Veneta a Nord, via Baseleghe a Sud, via
Pineda a Est e la Vallesina a Ovest. È un’area semi-naturale di 360 ettari e deriva da un’antica
bassura formatasi nel corso della morfogenesi del basso Bacino del fiume Tagliamento,
caratterizzata da porzioni importanti di laghi salmastri -in parte regimati dall’uomo- e da terre
emerse su cui si sviluppano habitat prioritari che rientrano nella Rete Natura 2000 (SIC IT3250033
e ZPS 3250041). Le acque della Valle sono state utilizzate fino alla primavera del 2024 per
l’allevamento del pesce con un sistema chiuso di valli da pesca collegate alla laguna esterna
tramite un complesso sistema di chiuse e chiaviche. Le peschiere, i laghi di valle e i canali
venivano utilizzati per l’allevamento di specie ittiche quali branzini, muggini, orate e anguille.

Le terre emerse sono caratterizzate da habitat che si sviluppano sugli antichi cordoni dunali e
comprendono:
– Dune costiere fisse a vegetazione erbacea
– Dune costiere con formazioni di Juniperus spp.
– Dune costiere con formazioni forestali a Pinus nigra, Pinus pinea e Pinus pinaster
– Dune costiere con formazioni forestali a Quercus ilex, Ruscus aculeatus e Smilax aspera.

Sono inoltre presenti importanti zone umide con formazioni a Cladium mariscus e un’area di circa
otto ettari di praterie incolte che si cerca attualmente di gestire a prato stabile. L’area è sempre
stata recintata in quanto privata e non accessibile al pubblico eccetto che per attività venatoria,
alieutica e di ittiocoltura. Val Grande è di proprietà privata (famiglia Ferri de Lazara), ma da maggio
2024 è stata affittata alla SRL Bibione Spiaggia, che ne ha avviato la gestione naturalistica.

Attualmente l’allevamento ittiogenico non viene più praticato, l’azienda faunistico-venatoria è
rimasta aperta, ma la sua attività attuale è principalmente concentrata sul contenimento del
cinghiale (Sus scrofa) e su attività di tipo naturalistico. Sono stati invece posti in essere diversi
interventi di ripristino e conservazione ambientale (in parte ancora in fase preliminare
autorizzativa), tra i quali è possibile citare:
– Gestione delle acque: ricambio idrico tra i laghi retrodunali e regolazione dei livelli di profondità e
grado di salinità per rendere l’ambiente più attrattivo per la sosta e la nidificazione di varie specie
ornitiche;
– Gestione del prato incolto tesa a sviluppare habitat di prato stabile;
– Mantenimento delle zone umide tramite contenimento della vegetazione arbustiva;
– Mantenimento delle dune fisse o dune grigie tramite contenimento di arbusti.

L’area è stata inoltre aperta al pubblico per essere visitabile con una modalità di accesso
controllato e vincolato al pagamento di un biglietto d’ingresso. Sono stati quindi ricavati percorsi
per un totale di venti chilometri partendo da sentieri già utilizzati in passato, il cui ripristino
conservativo non ha intaccato la biodiversità locale. La maggior parte dell’area rimane in ogni caso
inaccessibile al pubblico e viene prevalentemente destinata al mantenimento della diversità
biologica degli habitat preesistenti.

Materiali e metodi

La raccolta di indici di presenza nell’area di ricerca di cui si è riferito è partita dalla raccolta di
informazioni da Citizen Science, verificando dati e brevi riprese video registrate da privati cittadini,
a cui è seguita la raccolta di dati tramite riprese fotografiche e video da camera trapping effettuata
con criteri opportunistici.

Per le attività di camera trapping sono state per ora utilizzate dieci fototrappole di vari modelli
ZEISS Secacam, Body Guard, GardePro e Browning, programmate sia per la raccolta di singoli
fotogrammi, sia per la registrazione di brevi videoclip di dieci secondi.

Queste informazioni sono state costantemente integrate dalla raccolta di reperti (Cetartiodattili
terrestri oggetto di predazione) e campioni biologici (peli ed escrementi) verosimilmente riferiti
all’attività di questi animali, che verranno sottoposte a verifiche biomolecolari per confermarne il
numero, l’identità specifica e per valutarne la provenienza.

Risultati

Il set di informazioni, dati e materiali documentari raccolto nel 2024 e nel 2025 ha permesso in
prima approssimazione di determinare la specie in base al fenotipo, diverso da quello del cane
lupo cecoslovacco almeno per la punta arrotondata delle pinne auricolari.

In questo periodo è stato possibile accertare la presenza di Canis lupus in diverse località dell’area
studiata (tab. I), che può essere commentata come segue:

-Il 6 giugno 2024 un probabile lupo è stato ripreso da personale di un’azienda agricola durante le
lavorazioni di terreni coltivati a cereali in località Cesarolo (San Michele al Tagliamento, Venezia)
(fig. 3). Tali avvistamenti supportati da immagini, video, carcasse predate di capriolo e impronte
sono poi continuate nei mesi di luglio, settembre, dicembre 2024 e gennaio 2025.

-Durante i monitoraggi effettuati con fototrappole in diverse zone dell’Oasi Naturalistica Val
Grande, in data 6 novembre 2024 alle ore 21:51 sono stati registrati tre scatti e una ripresa video
di un probabile lupo di grosse dimensioni (Canis lupus) (fig. 4). La fototrappola era stata
posizionata in corrispondenza di un varco nella recinzione che separa la Val Grande dalla
Vallesina e che viene utilizzata dai selvatici come soglia di passaggio da un’area naturale all’altra.
Nella ripresa video l’animale esce dalla Vallesina per entrare in Val Grande e manifesta un
comportamento di curiosità nei confronti della fototrappola.

-In data 9 dicembre 2024 nella medesima località sono stati registrati altri passaggi di un canide di
grosse dimensioni, verosimilmente lo stesso delle prime osservazioni. In totale sono stati ripresi tre
passaggi davanti alla fototrappola, due ravvicinati dalle ore 5:30 alle ore 5:31 e uno alle ore 7:16 e
sono stati registrati undici scatti foto e tre riprese video (fig. 4). La fototrappola era puntata su una
pozza d’acqua piovana che ristagna in una depressione dunale, contemporaneamente frequentata
anche da Vulpes vulpes.
-Nei dintorni sono state inoltre rinvenute le carcasse parzialmente consumate di alcuni giovani
caprioli, Capreolus capreolus (fig. 5).
-In data 21 dicembre 2024 in una zona di campagna non distante dal centro abitato di Cesarolo
(San Michele al Tagliamento), a circa 10 Km dalla località turistica di Bibione, un privato avvistava
un canide di grosse dimensioni riuscendo a fotografarlo.

-Due avvistamenti riferiti da due diversi testimoni sono pervenuti al personale dell’Oasi in data 14
dicembre 2024 e 3 gennaio 2025, entrambi riferiti alla zona del faro di Bibione. Il primo si deve
all’attraversamento stradale di un grosso canide, il secondo all’osservazione dell’animale (forse lo
stesso) in un vicino campo arato. Per quest’ultima segnalazione, il giorno successivo è stato
possibile verificare le tracce lasciate dall’animale, compatibili con piste e impronte di lupo (fig. 6) e
posizionare una fototrappola puntata sulla carcassa di capriolo (Capreolus capreolus) ritrovata
nelle vicinanze.

– In data 6 gennaio 2025 alle ore 4:43 la fototrappola posizionata a ripresa del capriolo predato
nella zona del faro di Bibione ha registrato 20 scatti fotografici di un canide di grosse dimensioni
(Canis lupus) intento a perlustrare la carcassa, senza cibarsene.

– In data 10 gennaio 2025 alle ore 6:02 la stessa fototrappola ha registrato quattro riprese video di
un canide di grosse dimensioni (Canis lupus) intento a perlustrare la carcassa senza cibarsene.

Conclusioni preliminari e prospettive

Da un primo confronto spazio-temporale dei dati sin qui raccolti (con presenze contemporanee a 8-
10 chilometri di distanza) pare probabile che nell’area siano contemporaneamente presenti due
diversi lupi, verosimilmente giovani in dispersione. Dall’esame delle immagini disponibili non
sembra possibile riconoscere i tratti cromatici particolarmente decisi e contrastati di Canis lupus
italicus. Potrebbe dunque trattarsi di animali di provenienza orientale (Canis lupus lupus), oppure
di ascendenza mista dovuta al recente flusso genico avvenuto nella Lessinia veronese tra le
popolazioni italiche e quelle dinarico balcaniche.

Future verifiche genetiche potranno chiarire questi aspetti, ma è bene ricordare che la presenza
del lupo nella finitima bassa friulana è già stata accertata da alcuni anni (ripresa video di G. Pevere
del 16 maggio 2022, registrata alla periferia nord-occidentale del Bosco Baredi-Selva di Arvonchi,
Muzzana del Turgnano, Udine: Lapini, 2022: 106). Per quanto la mobilità dei giovani lupi sia
davvero notevole, potrebbe dunque anche trattarsi di animali di provenienza friulana, la cui
presenza è stata verificata anche nel corso del 2024 a meno di venti chilometri dall’area oggetto di
studio (18 febbraio 2024, Bosco Baredi-Selva di Arvonchi, Muzzana del Turgnano, Udine, P.
Moretto-L. Lapini obs.).

Nella zona frequentata da questi animali è stato possibile verificare la predazione di alcuni
Cetartiodattili terrestri (Capreolus capreolus), ma la disponibilità alimentare di queste zone umide
sembra in generale notevole, con diffuse popolazioni di nutrie (Myocastor coypus), grossi roditori
alloctoni di origine sudamericana spesso catturati dal lupo in diverse zone della Pianura Padana
(fig. 2).

Nell’attuale situazione economica e sociale il lupo non rappresenta un pericolo diretto per l’uomo
ma, vista la grande pressione del turismo balneare estivo sugli habitat frequentati dal grande
canide in queste zone peri-lagunari, è bene rammentare generiche indicazioni di corretto
comportamento da tenere se si incontrano questi animali. Esse sono state recentemente
raccomandate anche dalla Direzione Agroambiente, Programmazione ittica e faunistico venatoria
della regione del Veneto e dai Carabinieri Forestali nel corso di appositi incontri mirati ad informare
la popolazione sul ritorno del lupo.
In contesti urbani e suburbani, infatti, un lupo impara a frequentare i centri abitati soltanto se li
associa alla presenza di fonti alimentari facilmente raggiungibili. In queste condizioni può talora
diventare confidente, avvicinandosi alle persone. Queste circostanze innaturali possono talora
diventare problematiche (Task Force Lupo della Regione Toscana, 2024). Per evitare sgradevoli
evenienze è opportuno:

1-Non abbandonare cibo o altri resti organici nei pressi delle residenze. Potrebbero attirare vari
selvatici, fra i quali il lupo.

2-Non offrire cibo a nessun animale selvatico, per evitare di fargli associare la presenza di persone
alla facile disponibilità di risorse alimentari.

3-Proteggere e controllare gli animali domestici è sempre auspicabile, ma in presenza di lupi
diviene davvero importante tenere sempre i cani al guinzaglio, controllando soprattutto che non
possano compiere libere escursioni notturne. Lupo (Canis lupus lupus e C. l. italicus) e cane
(Canis lupus familiaris) appartengono alla stessa specie, ma i cani vengono talora predati dal lupo.
Questi rari eventi sono dovuti sia alla facilità di questo genere di catture, sia a fenomeni di intra-
guild competition (competizione intra categoria trofica) oppure a questioni sociali legate alla
dominanza locale di un gruppo familiare, che tende a contrastare attivamente la presenza di altri
lupi nel territorio difeso dal branco. La particolare condizione ormonale delle femmine di cane in
calore le rende particolarmente vulnerabili a questi rari incidenti. Vanno perciò controllate con
particolare attenzione, tenendole in casa anche durante le ore diurne.

4-In caso di incontro con un lupo è bene mantenere le distanze senza disturbare il suo
comportamento naturale. Nel caso di incontri ravvicinati in natura (sotto i 20-30 metri) è comunque
auspicabile fare rumore, parlare ad alta voce, magari muovendo le braccia. In condizioni normali i
lupi si allontanano rapidamente per sottrarsi al contatto visivo. In caso contrario è opportuno
informare i Carabinieri forestali per consentire l’eventuale monitoraggio dell’animale.

5-Se si incrocia un lupo nel corso di uno spostamento in automobile, è opportuno non cercare di
inseguirlo per riprendere immagini o videoclip. La cosa migliore da fare è accostare, lasciando che
l’animale attraversi oppure abbandoni spontaneamente il tracciato stradale.

Le note di cui si è riferito sono le prime relative all’attuale presenza di Canis lupus nella gronda
lagunare della Città metropolitana di Venezia, ma costituiscono soltanto l’espressione di una
tendenza da tempo in atto in tutta la Pianura padano-veneta (Fig. 1). Il fenomeno, dunque, non è
eccezionale ma andrà seguito con attenzione informando il pubblico in maniera rapida e corretta,
per evitare inutili allarmismi e favorire la convivenza tra uomini e lupi anche in aree particolarmente
vocate al turismo balneare.

Ringraziamenti

Numerosi cittadini, amici e colleghi hanno contribuito a questa nota con dati, suggerimenti e
indicazioni operative. Desideriamo in particolare ringraziare E. Randi, P. Genovesi, D. Berzi, J.
Richard, M. Bottazzo e M. Bon per gli utili scambi relativi all’evoluzione recente dello status di
protezione del lupo nell’Unione Europea e della diffusione della specie nella bassa pianura veneta,
E. Pavan -delegato LIPU della Sezione di Treviso- per la fotografia riprodotta in fig. 2, A. Florean e
M. Cappelletto per la raccolta di informazioni sulla presenza del lupo nella bassa pianura veneta,
P. Moretto per avere condiviso alcune escursioni.

Bibliografia

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Chioso C., Fattori U., Ferrari P., Pedrotti L., Righetti D., Tomasella M., Truc F., Aragno P., La
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Tab. I. Sintesi cronologica dei dati finora disponibili.

Data

Orario Località

Note

06/06/2024 Azienda agricola Generali Cesarolo Video di lupo ripreso lungo una capezzagna e all’interno di campo coltivato a cereali, ripreso da un mezzo agricolo
27/06/2024 Azienda agricola Generali Cesarolo Immagine di grosso canide compatibile con lupo all’interno di un campo coltivato a mais
14/09/2024 Località Terzo Bacino Rinvenimento di una carcassa di capriolo predata e presenza sui luoghi di impronte fresche, compatibili con lupo
06/11/2024 21:51 Passaggio da Vallesina a Val Grande tramite varco nella recinzione, Bibione Passaggio di un lupo ripreso da fototrappola
09/12/2024 5 e 7 del mattino Pozza d’acqua piovana in depressione dunale, Bibione Due passaggi di un lupo ripresi nella stessa mattinata a distanza di due ore; passaggio di una volpe (Vulpes vulpes) 20 min dopo il primo transito del canide di grosse dimensioni
13/12/2024 21:30 via Parenzo, Bibione Grosso canide di aspetto lupino seguito in strada da un privato per alcuni metri
21/12/2024 21:50 Cesarolo Una persona avvista un grosso canide con le sembianze di lupo, riesce a fotografarlo
27/12/2024 19 Prateria incolta, Est, Bibione Esemplare di lupo in corsa ripreso da fototrappola
02/01/2025 Sera via Baseleghe, Bibione Osservazione diretta, attraversamento stradale di un lupo
03/01/2025 Sera Zona agricola Bibione Est Due osservazioni dirette di un probabile lupo da parte del proprietario di un campo coltivato
04/01/2025 Mattina Zona agricola Bibione Est Osservazione di impronte compatibili col lupo e rinvenimento di una carcassa di capriolo oggetto di predazione
06/01/2024 4:43 Zona agricola Bibione Est Lupo ripreso da fototrappola nei pressi della carcassa
08/01/2025 Via Malamocco, Bibione Avvistamento di un canide con caratteristiche compatibili con il lupo
08/01/2025 9:30 Prati Nuovi Avvistamento di un grosso canide con caratteristiche compatibili con il lupo
9,10/01/2025 via Capodistria, Bibione Probabile predazione di lupo su capriolo
10/01/2025 6:02 Zona agricola Bibione Est Lupo ripreso da fototrappola nei pressi della carcassa
8,10/01/2025 Via Capodistria Bibione Rinvenimenti di presenza di carcasse di capriolo, riferibili alla predazione di lupo

 

Fig. 1. I dati esposti in queste pagine, rappresentati da pallini rossi, sono qui
sovrapposti alla distribuzione approssimativa recente delle coppie e branchi riproduttivi di Canis
lupus nella Regione Veneto (da Bon et al., 2024), mentre i dati pregressi verosimilmente riferibili a
giovani in dispersione nella bassa veneta (pallini gialli) sono tratti da Avanzinelli et al (2024) e Wolf Alpine
Group (2024). Restituzione cartografica realizzata secondo il Sistema cartografico ETRS Laea ‘89
con celle di 10×10 chilometri.

 

Fig. 2. Fotogramma finale di una sequenza di caccia alla nutria (Myocastor coypus) messa in atto
da un branco di almeno quattro lupi (Canis lupus) nei ripristini del Mezzano (26 dicembre 2024,
Provincia di Ferrara, Foto Enrico Pavan/LIPU Treviso). Questo grosso roditore alloctono viene
spesso catturato dai lupi in diverse zone umide della Pianura Padana (Ferrarese, Parmense,
Mantovano, Bassa friulana e veneta).

 

 

Fig. 3.  Canis lupus ripreso da privati il 6 luglio 2024 in campi coltivati a cereali un
km ad Ovest dell’Azienda Agricola Cesarolo (San Michele al Tagliamento, Venezia);
frame di un breve filmato registrato col telefonino durante lavori agricoli. In tutta la
Pianura Padana i lupi si fanno facilmente avvicinare e riprendere dai mezzi agricoli
in movimento, che non riconoscono come pericolo diretto

 

Fig. 4. Canis lupus ripreso in varie occasioni grazie a camera trapping opportunistico
condotto in diverse località della Valgrande di Bibione (San Michele al Tagliamento,
Venezia).  (foto G. Cuccurullo-S. Margarit).

9 dicembre 2024

 

6 gennaio 2025

 

Fig. 5. Resti di un giovane capriolo (Capreolus capreolus) verosimilmente predato
e consumato da lupo (Canis lupus) in un campo arato vicino al faro di Bibione
(3 gennaio 2025, Foto G. Cuccurullo-S. Margarit).

 

 

Fig. 6. Impronta ripresa in un campo arato in seguito all’avvistamento del 3 gennaio
2025, effettuato da privati nella zona del Faro di Bibione (San Michele al Tagliamento,
Venezia). Sia le impronte, sia le lunghe tracce rettilinee osservate nel corso di queste
verifiche sono compatibili con Canis lupus (Foto G. Cuccurullo-S. Margarit).

 

First data on the natural recovery of the Eurasian otter (Lutra l. lutra Linnaeus, 1758) in Veneto Region (north-eastern Italy)

G. De Nadai, M. Cassol, L. Lapini

 

Abstract
After a short philological review of the present knowledge on the otter <em>Lutra lutra</em> in Veneto Region (north-eastern Italy), the Authors refer the positive results of a first short otter survey in Venetian Alps, confirming the natural return of the otter in the Province of Belluno. These are the first sure data from Veneto Region in the XXI century, which opens new perspectives of research aimed at understanding the situation to promote the conservation of the species in north-eastern Italy.

Key words: Lutra lutra, Eurasian otter, preliminary otter survey, Belluno Province, Veneto Region, north-eastern Italy

Riassunto breve
Dopo una breve revisione filologica delle attuali conoscenze sulla lontra <em>Lutra lutra</em> nella Regione Veneto (Italia nord-orientale), gli Autori riferiscono i risultati di una prima breve otter survey condotta sulle Alpi venete, confermando che la lontra è tornata naturalmente nella Provincia di Belluno. Si tratta dei primi dati certi del XXI secolo, che aprono nuove prospettive per ulteriori ricerche finalizzate a comprendere la situazione e favorire la conservazione della specie nell’Italia nord-orientale.

Parole chiave: Lutra lutra, lontra eurasiatica, otter survey preliminare, Provincia di Belluno, Regione Veneto, Italia nord-orientale

Authors addresses:
Gabriele De Nadai – Via Cal del Vento, 9b. I-32035 Santa Giustina Belluno, Italy gabridenadai@libero.it
Michele Cassol – Via Fornaci 25a. I-32036 Sedico Belluno, Italy michelecassol@libero.it
Luca Lapini – Sezione Zoologica del Museo Friulano di St. Naturale, Via C. Gradenigo Sabbadini, 22-32. I-33100 Udine Italy lucalapini1@gmail.com

 

Introduction

The cause of the past dramatic decline of the otter Lutra lutra all over in Western Europe is not yet fully understood, but probably was multi-factorial (Reuther & Festetics, 1980; Panzacchi et al., 2011; Hung & Law, 2016). Otter population collapse, indeed, has been due both to the high diffusion of organo-chlorinated pesticides and PCB pollutants in European trophic-chains, to habitat losses, to road kills, hunting and poaching, all independent factors which acted synergistically (Reuther & Festetics, 1980; Loy et al., 2015). The Italian status of the otter in the 50’s-70’s of the XX century mirrored the West European situation of the species, to the point that at the beginning of ‘80s only about one hundred otters survived in central-southern Italy (Macdonald & Mason, 1982, 1983; Lapini, 1985; Cassola, 1986).

In spite of a lot of questionnaire information published by Spagnesi (1980) and Pavan & Mazzoldi (1983), the extinction of Lutra lutra in Veneto Region is well documented in both specie-specific and museum papers, being apparently referred to 50’s and 70’s of the XX century (Lapini, 1985; Cassola, 1986; Rallo, 1986; De Marinis & Lapini, 1994; Meneghini et al., 2011).
The natural recovery of Lutra lutra in Italy during the XXI century, anyway, is increasingly evident both from South, North-East and North-West (Loy et al., 2015; Giovacchini et al., 2021: Fig. 1) and bodes well in the future of Italian otters, at present estimated in about 800-1000 specimens. Nevertheless, in spite of various regional camera-trapping studies (Spada et al., 2016a; Spada et al., 2016b; De Nadai et al., 2021), up to now it was never possible to verify the return of Lutra lutra in Veneto Region, despite clear data about the natural recovery of the species in the neighbouring Austria (Kranz & Poledník, 2020), Alto Adige (Righetti, 2011) and Friuli Venezia Giulia Region (Bonesi & Lapini, 2011; Iordan, 2014; Lapini et al., 2014; Pavanello et al., 2015; Lapini, 2019; Lapini et al., 2020; Giovacchini et al., 2021; Stokel et al., 2022; Lapini, 2022).

The data published by Righetti (2011) for Alto Adige/South Tyrol seem to be in good ecologic continuity with northern Veneto and one data collected by Lapini et al. (2020) is referred to the watershed between Piave and Tagliamento River-Catchments (Forni Avoltri, Udine, June, 15th, 2019: Lapini et al., 2020: 45), quite near to the regional boundary between Veneto and Friuli Venezia Giulia. The first record of XXI century on the presence of the otter in Veneto -referred to a possible sprainting site observed upstream of Sega Digon (Belluno Province) during 2019- has been communicated as a putative otter datum to various regional officers of the public Administration of Veneto Region (dr. S. Calderola) and to the Province of Belluno (dr. S. Vendrami), but it was never confirmed in the field, in spite of various attempts conducted between September and December 2020 (Stokel et al., 2022). In order to verify this putative information a preliminary bridge otter survey has been performed in the same brook-system quoted by Stokel et al. (2022) and surroundings.

 

Methods

The first attempts to find Eurasian otter have been conducted between October, 28th, 2022 and November, 15th, 2022 in the North-East alpine area of Belluno Province. A preliminary otter survey was carried out searching for otter spraints under 34 suitable bridges (the bridge suitability was evaluated according to Lapini et al., 2020). Surveyed bridges were distributed along streams of various alpine brook-systems the northern part of Belluno Province, within six cells of the ETRS LAEA 1989 10×10 km grid cartographic system (Fig. 2).
Otter spraints were determined both for their morphology and general aspect, for their contents and particularly for their diagnostic smell. This last is surely the best diagnostic character to distinguish Lutra lutra spraints from undigested bird pellets (airons, cormorants and gulls) or faecal remains of American mink, stone/beech martens, polecats and other mammals (Macdonald & Mason, 1982, 1983; Lapini, 1985; Cassola, 1986; Hung & Law, 2016).

First results, provisional remarks and perspectives

At present our preliminary survey allowed to collect otter spraints only in Val Digon (November, 12th, 2022: Figgs. 2-5). These data confirm the indication of Stokel et al. (2022), referred to one putative unpublished datum recorded by S. Filacorda on March, 19th, 2019 in the same brook-system.

This new finding seems to confirm its validity, also indicating that almost four years later Lutra lutra is still present in the same alpine brook-system. From the review of all available sure record (Lapini et al., 2020; Stokel et al., 2022; present paper) it is so possible to hypothesize that the otter is came back to Venetian Alps since about four years. It is not a trivial thing, because in oligotrophic mountain-environments is not easy neither to find otter signs (for a researcher), nor to survive for a such long time in the same alpine brook-system (for an otter).
At present is impossible to evaluate the current status of the Eurasian otter on Venetian Alps, but the autumn marking activity made by otters in the surveyed mountain-brooks seems to be low, with only one positivity on 34 surveyed bridges. A very low positivity rate (2,94/%), but surely a concrete starting point to stimulate extensive otter surveys in the whole Veneto Region. For as concerns the provenience of the otter that lives in the studied brook-systems of the high Province of Belluno at present it is only possible to hypothesize that it cames from Austria or Alto Adige/South Tyrol rather than from Friuli Venezia Giulia Region (see Righetti, 2011 and Lapini et al., 2020).

In the prosecution of further otter surveys on Venetian Alps it seems anyway appropriate to combine other techniques and methodologies, such as camera-trapping on previously identified sprainting sites and search-paths of at least 600 meters along the riverbanks, as usually recommended by the Otter Specialist Group (e. g. Lapini, 1985; Cassola, 1986; Panzacchi et al., 2011; Loy & Fusillo, 2016). The combination of several techniques, in fact, usually ensures better results in the conduction of otter-surveys (Panzacchi et al., 2011; Loy & Fusillo, 2016; Stokel et al., 2022). A particular attention is now needed for all the Alpine and Pre-alpine areas of the Veneto Region, both to increase the data about the present distribution of the otter on these mountains and for a detailed monitoring of its natural recovery in Veneto Region. On the base of the quick recovering of the species in similar neighbouring areas (Righetti, 2011; Lapini et al., 2020; Kranz & Poledník, 2020; Giovacchini et al., 2021; Stokel et al., 2022) seem to be quite probable that also in Veneto the recovery and expansion of Lutra lutra will proceed very quickly.

 

Acknowledgements

We wish to thank all the people who provided useful details to redact this first note on the otter in Veneto. Special thanks to S. Calderola, J. Ceresatto, F. Dartora, R. Deon, E. De Zolt, S. Filacorda, E. Marconato, D. Righetti, M. Semenzato, A. Spada, G. Stokel, P. Tomè, S. Triches, S. Vendrami and M. Villa for some original news and for various bibliographic, cartographic and technical field advices.

 

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Fig. 1. Natural recovery of Lutra lutra in Italy (NE Italy data from Lapini, 2019; Lapini et al., 2014; Iordan, 2014; Pavanello et al., 2015; Lapini et al., 2020). Map redacted by Giovacchini et al. (2021) on the base of the ETRS LAEA 1989 10×10 km grid Cartographic system. The positive cells in Lombardy are referred to the release of some B-line otters previously utilized in the breeding education centre of Ticino Regional Park. In this region, however, a road kill of one four year-old male (August, 15th, 2012 Tovo di Sant’Agata, Sondrio: not represented in the map) also indicate rare presences due to the natural dispersion of Austrian otters. The recovery of Lutra lutra in the Province of Bolzano is not represented in the map too, but it has been indicated by A. Kranz and D. Righetti at least from 2008 (Righetti, 2011).

 

 

Fig. 2. Yield of a first preliminary bridge otter survey conducted in the high Province of Belluno between October, 28th, 2022 and November, 15th, 2022. Only one of the six surveyed ETRS cells turned out to be positive for otter spraints. This cell is indicated in gray in the upper left box of the map below, representing Veneto Region according to the ETRS LAEA 1989 10×10 km grid Cartographic system.
Legend: Red dots=positive data of the present survey;
             Green dots=negative data;
               Black dot=putative data quoted by Stokel et al., 2022.

 

 

Fig. 3. Multiple sprainting site discovered in Val Digon (Belluno Province) on November, 12th , 2022
(Foto by G. De Nadai). Clearly visible on the right various undigested Salmonidae eggs. In this brook
only the common brown trout (Salmo trutta trutta) has been signalled so far (E. Marconato, ex verbis).

 

 

 

Fig. 4. A brown trout (Salmo [trutta] trutta) photographed near the sprainting site (Val Digon, Belluno, November, 12th , 2022, Photo by G. De Nadai).

 

 

 

Fig. 5. Overall view of the sprainting site (Val Digon, Belluno, November, 12th , 2022, Photo by M.
Cassol).

 

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Prima documentazione di sciacallo dorato Canis aureus nel Parco Regionale della Maremma.

 

di Giada Pacini, Lorenzo Lazzeri, Francesco Ferretti

Unità di Ricerca di Ecologia comportamentale, Etologia e Gestione della fauna, Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Siena, Via P.A. Mattioli 4, 53100 Siena.

 

Introduzione

Lo sciacallo dorato Canis aureus è un canide di interesse conservazionistico inserito in allegato V della Direttiva Habitat 92/43 CEE. Questa specie è arrivata in Italia spontaneamente negli anni ’80 grazie alla spinta dispersiva di alcuni individui provenienti dall’area balcanica (Lapini et al., 1993).

Le prime segnalazioni e i primi nuclei riproduttivi sono stati infatti documentati nella parte nord-orientale della penisola, dove il primo dato accertato risale al 1984 (Lapini et al., 1993). In seguito, lo sciacallo si è diffuso in buona parte delle regioni a nord del fiume Po (Lapini et al., 2018), che ha probabilmente rallentato la dispersione di questo canide verso sud. Solo recentemente, infatti, la specie è stata segnalata a sud del Po in Emilia-Romagna (Lapini et al., 2021), nel Lazio (Parco Nazionale del Circeo, nel 2020-2021: Fortebraccio & Aleotti, 2022) e in Toscana.

In questa ultima regione una prima segnalazione è relativa alla provincia di Prato e risale alla fine del 2021 (Bacci & Lunghi, 2022); a marzo 2022 è stato trovato investito un altro individuo nelle vicinanze di Empoli (E. Mori & A. Viviano com. pers.). Pertanto, la segnalazione qui riportata per il Parco Regionale della Maremma rappresenta la localizzazione più meridionale nella Regione Toscana.

 

Documentazione della specie

L’Università di Siena e l’Ente Parco Regionale della Maremma stanno conducendo da diversi anni un progetto di ricerca sui rapporti ecologici tra le specie che compongono la locale comunità di mammiferi, integrando una serie di tecniche tra cui il videotrappolaggio (Ferretti et al., 2021; Rossa et al., 2021).

Questo viene effettuato impiegando una griglia di campionamento di 1km2 x 1km2 e 60 postazioni di rilevamento mantenute attive durante tutto il corso dell’anno. Ciascuna postazione viene visitata con cadenza circa mensile per sostituire le schede SD e le batterie; nel corso delle settimane successive i filmati vengono visionati e i relativi dati sono archiviati. Durante il controllo dei filmati registrati durante la stagione invernale è stata rilevata la presenza di 2 video notturni che ritraevano uno sciacallo dorato (Fig.1), registrati in una stessa postazione in data 7 gennaio 2022 (in orario 3:02 e 17:47).

Considerando l’eccezionalità dell’osservazione, nonché le potenziali difficoltà di identificazione della specie, successivi ulteriori controlli sono stati effettuati sui filmati ripresi nello stesso periodo nelle altre postazioni di rilevamento. Sono state inoltre posizionate altre tre fototrappole nelle vicinanze della postazione in cui era stato segnalato il canide. Tuttavia, non sono state ottenute ulteriori documentazioni della presenza della specie nel Parco.

I filmati sono stati condivisi con il Dr. Luca Lapini (Museo Friulano di Storia Naturale, Udine), curatore del bollettino Canis aureus NEWS, per un confronto e una validazione condivisa della segnalazione. Considerando l’elevata intensità e continuità di campionamento in corso, è ipotizzabile che la segnalazione non sia riferibile a una presenza stabile, sebbene naturalmente ulteriori risposte potranno arrivare dal proseguimento della raccolta di dati su base standardizzata.

Nell’area è da anni riscontrata la presenza stabile del lupo (Ferretti et al., 2019, 2021; Rossa et al., 2021): questo predatore è un possibile significativo competitore per lo sciacallo dorato, potenzialmente in grado di influenzarne abbondanza e distribuzione, e potrebbe pertanto rallentare un eventuale insediamento stabile dello sciacallo nell’area (Krofel et al., 2017; Mohammadi et al., 2017; Lapini et al., 2021). La continuazione della ricerca in corso potrà comunque consentire di valutare l’evoluzione dell’effettiva presenza dello sciacallo dorato nel tempo, nonché i potenziali rapporti ecologici con gli altri carnivori presenti nell’area (p.es., Ferretti et al., 2021; Rossa et al., 2021).

 

Bibliografia

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Figura 1. Fermo immagine tratto dalla ripresa di sciacallo dorato nel Parco Regionale della Maremma